Diagnosi e trattamento
Come molte altre malattie di origine neurologica, la SLA si presenta spesso con sintomi iniziali non specifici, che possono essere abbastanza differenti nelle diverse persone.
I primi sintomi includono debolezza muscolare, rigidità (spasticità muscolare) o fascicolazioni, ossia contrazioni involontarie e ripetute di una o più fibre muscolari.
Possono iniziare nei muscoli che controllano la parola (disartria) e la deglutizione (disfagia) o nelle mani, braccia, gambe o piedi.
La SLA può avere un esordio di tipo:
Spinale
Nella quale vengono compromessi i motoneuroni del midollo spinale. Tale forma interessa circa i due terzi dei pazienti con SLA e si presenta con sintomi legati alla debolezza muscolare e atrofia localizzata degli arti superiori e inferiori.
A poco a poco gli arti atrofici possono sviluppare spasticità, che colpisce l’abilità manuale e l’andatura;
Bulbare
Nei casi in cui la lesione è legata ai motoneuroni del tronco cerebrale/bulbare (in un terzo dei pazienti SLA). In tal caso la malattia presenta disartria (difficoltà nell’articolazione delle parole) e disfagia (difficoltà a deglutire) per solidi o liquidi ed i sintomi agli arti, nella stragrande maggioranza dei casi, si verificano entro i primi 2 anni.
Tuttavia, questa distinzione di carattere clinico, utile per definire la comparsa della malattia, non appare sempre così netta nell’evoluzione della stessa, in quanto le due forme possono sovrapporsi.
Aspettative di vita
l suo decorso presenta diverse manifestazione in ogni paziente che ne è affetto. Circa il 20% vive cinque anni o più; circa il 10% più di dieci anni. La sopravvivenza media negli ultimi anni è notevolmente aumentata, almeno in parte grazie ai miglioramenti nella gestione clinica, nella presa in carico e per la diffusione di supporti tecnologici. Tuttavia, l’aspettativa di vita dopo la diagnosi è mediamente di 3-5 anni.
Diagnosi
Sfortunatamente, la SLA è una malattia difficile da diagnosticare. La diagnosi richiede diverse indagini mediche e in ogni paziente la progressione può essere valutata solo attraverso controlli neurologici periodici (ogni 2-3 mesi), poiché non esiste un test o una procedura per stabilire definitivamente la diagnosi di SLA con un’accuratezza diagnostica e prognostica elevata.
È attraverso un esame clinico e una serie di test diagnostici, spesso escludendo altre malattie simili alla SLA, che si può stabilire una diagnosi. La diagnosi di SLA è quindi effettuata per esclusione: un neurologo esperto richiede indagini mediche e valutazioni cliniche ripetute nel tempo in un percorso diagnostico che prevede test neurologici e esami strumentali.
Trattamenti approvati
Ad oggi l’unico farmaco disponibile in Italia per il trattamento della SLA è il RILUTEK® (Riluzolo), che permette di ritardare l’uso della ventilazione assistita e di estendere lievemente la sopravvivenza dei pazienti. Si ritiene che il Riluzolo agisca riducendo l’eccitotossicità, fenomeno di tossicità neuronale conseguente all’esposizione a concentrazioni relativamente alte di glutammato, il principale neurotrasmettitore eccitatorio a livello del sistema nervoso centrale.
A maggio 2024 la commissione europea ha concesso l’autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco orfano QALSODY® (Tofersen) per il trattamento di adulti affetti da SLA associata a una mutazione nel gene SOD1. Tofersen è un oligonucleotide antisenso disegnato per legare in maniera specifica l’mRNA di SOD1 mutata (mRNA è una copia temporanea di un gene che viene utilizzato dai macchinari della cellula per produrre proteine), allo scopo di ridurre l’espressione della proteina SOD1 mutata e rallentare la progressione della malattia
Farmaci sperimentali
Un altro farmaco per la SLA è RADICAVA® (edaravone), che tuttavia non è più disponibile in Italia, in quanto i benefici sono stati considerati troppo ridotti rispetto ai rischi.
Presa in cura
La complessità della gestione di una persona con SLA richiede la presenza di un team multidisciplinare di professionisti, che hanno il compito, non solo di prendersi cura dell’assistenza diagnostica e clinica in tutte le fasi della malattia, ma anche di farsi carico del sistema familiare e dei caregivers.
A tal fine sono necessarie competenze e funzioni diverse e integrate: dal medico di base, al neurologo, al neurofisiologo, al fisiatra, al pneumologo, rianimatore, gastroenterologo, psicologo, dietologo, ortofonista, fisioterapista, fisioterapista esperto in ausili, infermieri particolarmente qualificati, assistente sociale.
Attualmente, la principale cura dei pazienti è l’intervento tempestivo per gestire i sintomi. Tuttavia, grazie al supporto degli ausili tecnologici, la maggiore consapevolezza delle esigenze dei pazienti e l’aumento dei centri clinici specializzati, la qualità della vita dei pazienti è molto migliorata nel corso degli anni. Per maggiori informazioni sulla cura e l’assistenza della SLA, visitare l’Associazione italiana dei pazienti – AISLA www.aisla.it. L’associazione intende offrire un sostegno concreto a pazienti e famiglie, attraverso una presenza capillare su tutto il territorio nazionale, in sinergia con le organizzazioni nazionali e internazionali e con le istituzioni sanitarie.