Marcello Manfredi
Sono nato a Casale Monferrato, provincia di Alessandria. Sono sposato e ho un figlio di nome Achille di 6 anni.
Ricordo che quando ero piccolo mio nonno costruiva o riparava oggetti con pezzi di scarto. Se serviva qualcosa, lui sapeva costruirlo. Ho scelto di diventare ricercatore perché attratto dalla possibilità di inventare, creare e sperimentare. E pensare che qualcuno un giorno potrebbe usare o trarre beneficio dalle mie scoperte.
Abbiamo la fortuna di poter svolgere questo lavoro, ma abbiamo anche il dovere di sfruttare al massimo le nostre competenze e le nostre idee, e di metterle a disposizione di tutta la comunità scientifica. Bisogna essere consapevoli delle responsabilità che abbiamo, ad esempio nei confronti dei pazienti. Tutto quello che facciamo può avere un impatto sulla vita di qualcuno o può essere parte di quel grosso puzzle che compone una scoperta scientifica. Penso sia importante aiutare i giovani che intraprendono questo percorso ad essere più consapevoli delle possibilità e opportunità che hanno.
Perché studio la SLA? Perché è nostro dovere studiare anche le malattie più rare, mettendo a disposizione le migliori tecnologie e idee. Spero che la nostra ricerca possa portare a identificare nuovi biomarcatori e target terapeutici.
Durante il dottorato di ricerca ho trascorso un periodo di ricerca a Washington DC e in New Mexico che mi hanno permesso di crescere, acquisire nuove competenze e conoscere nuove realtà di ricerca.
Mi piace fare ricerca con passione e grinta. Il mio motto è “Never give up”. Non mi arrendo facilmente e se sono convinto di qualcosa non mi faccio scoraggiare e cerco di motivare chi lavora con me. Tutti i giorni abbiamo a che fare con eventi e situazioni che non possiamo prevedere, ciò che fa la differenza è come reagiamo.
Tra gli incontri che più hanno segnato la mia vita, c’è sicuramente quello con mia moglie, con cui oggi lavoro nello stesso laboratorio, e mio figlio Achille, che ha stravolto la nostra vita. Nel corso degli anni credo aver incontrato moltissime persone che hanno contribuito alla mia crescita. Penso ci sia sempre qualcosa da imparare dagli altri, dobbiamo cercare di prendere sempre il meglio di quello che ci capita senza mai scoraggiarci.
Il finanziamento ricevuto da AriSLA credo sia molto importante perché ci permetterà di investigare nuovi aspetti molecolari che altrimenti non avremmo potuto studiare. Questo progetto ha iniziato a prendere forma circa 4 anni fa. Grazie alla nostra caparbietà e all’aiuto dei medici del centro SLA dell’ospedale di Novara siamo riusciti ad ottenere dati preliminari anche senza finanziamenti. Questo ci ha convinto a proseguire fino ad oggi. Sono certo che grazie a questo Grant riusciremo a dimostrare il ruolo fondamentale che hanno i complessi proteici in questa malattia e che avremo la possibilità di accedere ad altri fondi e a sviluppare nuove collaborazioni.
Credo che la ricerca finanziata da AriSLA possa contribuire sia a migliorare gli aspetti diagnostici, sia a identificare potenziali nuovi target terapeutici. Sono convinto che con il nostro Pilot Grant semineremo nuove idee e percorsi di ricerca ancora inesplorati.
Non ho mai incontrato direttamente un malato di SLA, ma tramite la televisione e la rete ho seguito storie di malati che mi hanno fatto capire che noi ricercatori dobbiamo essere determinati quanto loro.
Tra le mie passioni, c’è quella di sciare, giocare a calcio e guardare le partite insieme a mio figlio. La sua ingenuità e il suo entusiasmo per le cose più semplici sono da ispirazione!
Il mio sogno nel cassetto è di poter contribuire alla scoperta di nuove cure per malattie rare come la SLA.
(data di pubblicazione 27/08/2024)