Padova, seminario ‘La Sclerosi Laterale Amiotrofica: i molteplici punti di vista dell’infermiere’

Padova, seminario ‘La Sclerosi Laterale Amiotrofica: i molteplici punti di vista dell’infermiere’

Su iniziativa della Prof.ssa Tania Zaglia, docente di Fisiologia Umana nel corso di Laurea in Infermieristica dell’Università degli Studi di Padova e coordinatrice del progetto AriSLA ‘SYMP-ALS’, si è svolto lo scorso 19 aprile un seminario destinato agli studenti del primo anno del corso universitario in Infermieristica.

Il seminario intitolato “La Sclerosi Laterale Amiotrofica: i molteplici punti di vista dell’infermiere” ha previsto quattro interventi, che miravano a riflettere sui molteplici punti di vista con cui può essere osservata la SLA.

Come racconta la Prof.ssa Zaglia, “l’approccio scelto è stato quello multidisciplinare, un approccio con può e deve essere vista la SLA, una malattia molto complessa e devastante per chi è colpito. Ci sono il punto di vista del clinico; quello del medico/ricercatore, che si fa strada in un percorso ancora nebuloso per trovare uno spiraglio di luce, ovvero l’identificazione di nuove terapie; il punto di vista dell’infermiere, che offre assistenza ai pazienti e ai familiari, che si trovano a sostenere un fardello troppo pesante, ma soprattutto mi immagino il punto di vista del paziente e di chi lo assiste. In questo quadro, il primo intervento è stato tenuto dalla Dr.ssa Aurora Gastaldello (Università di Padova) che ha avuto come oggetto lo stato delle conoscenze sulla SLA: dalle possibili cause, alle manifestazioni, alla diagnosi fino alle terapie attualmente disponibili. Lo spazio è stato poi dato alla Dr.ssa Vittoria di Mauro, ricercatrice nel mio laboratorio (Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Padova), che ha raccontato le ipotesi scientifiche che stiamo testando grazie al prezioso supporto di ARISLA. Da qui il passaggio di testimone alla Dr.ssa Irene Marengo (Infermiera) laureatasi con una tesi condotta nel mio laboratorio nella quale si descriveva l’importanza del supporto infermieristico come ponte tra ospedale e domicilio, non solo nell’assicurare la continuità delle cure, ma anche per istruire pazienti e familiari e dare loro supporto umano in una situazione drammatica in cui da un giorno all’altro ci si trova catapultati in una ‘prigionia consapevole’. Ed ecco la lezione più importante, quella di una mia studentessa il cui papà ha conosciuto molto giovane una forma di SLA particolarmente aggressiva, che lo ha strappato dai sogni, affetti e speranze a soli 47 anni”.

La Prof.ssa Zaglia (in foto)  descrive l’incontro e la testimonianza di una studentessa del corso di Infermieristica con il papà colpito dalla SLA: “Ricordo ancora il primo giorno di lezione, quando mi sono presentata e ho raccontato di cosa mi occupo nella mia ricerca, e questa studentessa timida, ma con negli occhi la determinazione di chi ha conosciuto la vera sofferenza, mi ha detto ‘quanto accrescimento mi ha dato il contatto con i pazienti affetti da SLA e con i loro familiari! Mi piacerebbe molto sapere di più su questa malattia’.

Questo è stato un primo sprono ad organizzare un seminario di divulgazione sulla SLA, che ha trovato forza nelle richieste di una classe fantastica di persone motivate, di persone di mente e di cuore, che hanno chiesto di conoscere di più, nella consapevolezza e umanità di chi ogni giorno starà accanto a chi soffre, di chi ogni giorno darà speranza e regalerà un sorriso che, nella malattia più che in altre situazioni, ha un valore inestimabile. E a dimostrare la professionalità e il cuore di questi studenti, volontari di Croce Rossa, Croce Verde ed altre associazioni, e futuri infermieri è stata la loro attenzione e partecipazione che ha raggiunto il massimo livello nel momento della testimonianza umana della loro collega. E’ stato anche per me il momento più toccante, in un misto di tristezza, rabbia contro questo nemico spietato, e in uno stordimento ammirato nel conoscere attraverso i racconti un paziente che, pur consapevole del destino impietoso, ha mantenuto la voglia di vivere trasmettendola ai propri cari fino all’ultimo giorno. Un esempio grande, e una lezione ineguagliabile!”.

La Prof.ssa Zaglia ha voluto raccogliere le testimonianze degli studenti al termine del seminario che   “dimostrano la sensibilità e la voglia di fare dei giovani, che sono i futuri medici, infermieri e ricercatori”, sottolinea la docente. “Queste righe mi convincono ancor di più dell’importanza della divulgazione, della conoscenza e della consapevolezza, fondamentali per supportare la ricerca clinica e preclinica, ma prima ancora per dire a tutti gli ammalati di SLA e ai loro cari, che non sono soli, ma intorno c’è una squadra unita che coopera con Loro e con Loro spera di sconfiggere quanto prima questo nemico impietoso!” conclude la Prof.ssa Zaglia.

Le testimonianze degli studenti che hanno partecipato al seminario:

(M.R.P): “Citando le saggie parole di Rita Levi Montalcini, riportate a conclusione dalla Prof.ssa Zaglia, posso così riassumere le mie impressioni concernenti l’incontro. ‘Rare sono le persone che usano la mente…’: l’apertura dell’evento da parte della Prof.ssa Zaglia ha rivestito in me orgoglio nel venire a conoscenza che nel nostro territorio è presente un’équipe così impegnata nel campo dello studio della SLA. L’esposizione prima della Dr.ssa Gastaldello e successivamente della Dr.ssa Di Mauro, hanno acceso in me meraviglia ed ho percepito entusiasmo nel portare avanti con determinazione e sinergia il loro modo di essere scienziate, per conoscere meglio questa malattia nonostante la sua complessità, attraverso un linguaggio chiaro e comprensibile.

‘Poche coloro che usano il cuore…’: ho compreso che dietro alla professione di ricercatori vi sono gli occhi e l’ascolto per percepire nelle persone colpite, la grande voglia di guarire e continuare a vivere. In loro ho colto una forza motrice che le rende instancabili nel continuare la strada della ricerca, con grande entusiasmo e curiosità.

‘Uniche coloro che usano entrambi…’: la presentazione dello studio della Dr.ssa Marengo ha fatto emergere come questa patologia sia devastante non solo per il malato, ma anche per le persone che lo circondano. L’organizzazione di sostegno richiede un massiccio impegno multidisciplinare che coinvolge figure sanitarie, caregiver, soprattutto in ambito familiare.

“Rare sono le persone che usano la mente, poche coloro che usano il cuore, e uniche coloro che usano entrambi”. La testimonianza portata da G. del papà diventato una stella dopo il calvario della SLA, ha fatto da anello di congiunzione fra la ricerca (mente,) che ha bisogno della forza del malato per continuare, del malato che ha bisogno del (cuore) della scienza e del caregiver. Mente e cuore sono supportati da (entrambi) scienza, professionisti e famiglia. Concludendo per sconfiggere questo mostro di nome SLA, come dice la Prof.ssa Zaglia, il caschetto per combatterla deve essere indossato dagli scienziati, dalle figure sanitarie e dall’amore dei familiari.”

(S.Z.): ” Assenza dell’IO in un’essenza di NOI

(E.P.): “L’incontro sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica mi ha lasciato profondamente colpito soprattutto per la grande determinazione ed il coraggio dei ricercatori, che dedicano vita, tempo e competenze ad una sfida così complessa per comprendere al meglio la malattia e individuare nuovi trattamenti. È stata un’opportunità preziosa per approfondire la conoscenza di una malattia con cui probabilmente ci troveremo a confrontarci nel nostro futuro lavoro. Come si suol dire, “Conoscendo il nemico riusciamo a sconfiggerlo”. Sensibilizzandoci sull’argomento, aumentiamo l’attenzione di noi futuri infermieri nei confronti della gravità della situazione, forse rendendoci più inclini a intraprendere azioni concrete. È stato uno splendido pomeriggio trascorso ad ascoltare persone ambiziose, empatiche e collaborative, che con la loro competenza hanno saputo coinvolgere e ispirare, trasmettendo soprattutto la passione. Questo tratto distintivo, non scontato, genera un’influenza positiva a tutti i livelli del settore sanitario e, soprattutto, insegna la necessità di una connessione umana con i nostri pazienti, tenendo conto del loro benessere emotivo oltre che clinico.”

(I.M.): “Avere la possibilità di confrontare la propria esperienza con quella di studenti e futuri colleghi mi fa tornare a casa con un senso di speranza e motivazione. Sapere di aver lasciato un messaggio di impegno per il futuro e aver visto da vicino la sofferenza della SLA mi fa vivere con più desiderio di combattere per le cose in cui credo”.

(A.G.): “Un’esperienza bellissima, ricca di umanità, in cui è stata messa in risalto l’importanza della collaborazione fra il mondo della ricerca e il mondo della sanità, il cui fine ultimo è sempre lo stesso: la cura delle persone”.

(G.Z.): “Da mio papà ho imparato a guardare la vita con i suoi stessi occhi e tirar fuori sempre il lato migliore da ogni situazione. Sono grata perché seppur per un giorno ho avuto l’onore di essere parte di un gruppo avente stessi obiettivi e stesso cuore”.

(S.T.): “Conosciamo la SLA come malattia invasiva, pazienti in sedia a rotelle e morte precoce ma non sappiamo quanta fatica tutti i giorni medici, ricercatori, operatori sanitari e famiglie impieghino nel rendere la malattia meno difficile, sfiancante. Mi sento onorata di aver ascoltato chi la malattia la vive da vicino, per professione o purtroppo per storie personali. È sempre un onere e un onore poter far parte della vulnerabilità di qualcuno. Tocchiamo la sfera intima di persone che si fidano della nostra divisa, dei farmaci che sono stati studiati e vengono prescritti. È un onore ascoltare, imparare e poter tenere la mano nella storia di malattia delle persone di cui ci prendiamo cura”.

(L.M.): “La toccante testimonianza di una giovane ragazza che si è trovata ad assistere un genitore malato di SLA mi ha fatto comprendere quanto davvero sia importante la conoscenza e la diffusione di questi temi. Perché ciò che conosciamo ci fa istintivamente meno paura, e senza paura possiamo affrontarlo con coraggio come ha fatto lei e provare a vincere sul male per quanto ci è concesso”.

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