Malattie rare, la nuova emergenza sanitaria e sociale

Malattie rare, la nuova emergenza sanitaria e sociale

Riprendiamo l’intervento pubblicato sul Magazine dell’Università degli studi di Catania a firma del Prof. Rosario Gulino, in occasione della Giornata delle malattie rare. Il docente ha partecipato alla nostra campagna #ricercaèpresente ed è stato recentemente vincitore di un grant AriSLA. 

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Il 28 febbraio è la Giornata per le Malattie rare, un importante appuntamento annuale in tutto il mondo. Il Rare Disease Day, infatti, vuole essere un’occasione per portare il tema delle malattie rare all’attenzione dell’opinione pubblica e di tutti i soggetti coinvolti, al fine di promuoverne la conoscenza. Ma anche per sensibilizzare gli attori istituzionali verso i bisogni dei pazienti e per promuovere la ricerca. Naturalmente è un importante evento anche per i pazienti che possono entrare meglio in contatto con il mondo della ricerca e possono anche far sentire la loro voce.

Le malattie rare hanno bisogno di una speciale attenzione poiché sono “rare” soltanto se prese singolarmente, ma nel loro complesso rappresentano un’emergenza sanitaria e sociale. È quindi necessario rafforzare sempre più la rete di supporto e di ricerca attorno alle persone che ne soffrono. Ciascuna malattia rara è una malattia con la sua complessità che richiederebbe sforzi di ricerca pari a quelle meno rare, ma purtroppo, spesso, i fondi impiegati nella ricerca su una specifica malattia sono proporzionali al relativo impatto sociale.

Tuttavia la ricerca esiste e vuole essere presente nella vita e nelle speranze dei pazienti e dei loro caregivers.

Nella mia attività di ricerca, da alcuni anni mi occupo di Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), anch’essa considerata una malattia rara. In Italia sono circa seimila le persone che attualmente vivono con questa malattia.

Si tratta di una grave patologia neurodegenerativa progressivamente invalidante, che colpisce i neuroni che governano la contrazione dei muscoli. La conseguenza è una progressiva compromissione del movimento e di altre funzioni vitali che richiedono attività muscolare, come la respirazione, la parola e la deglutizione. Fino ad oggi, nonostante i progressi notevoli nella conoscenza dei meccanismi patologici della SLA, esistono solo poche opzioni terapeutiche, e non molto efficaci, e il sostegno dei pazienti è basato soprattutto sul supporto delle loro funzioni vitali.

Recentemente il mio laboratorio del Dipartimento di Scienze biomediche e biotecnologiche ha ricevuto un finanziamento dalla Fondazione AriSLA, un ente italiano che si occupa proprio di raccogliere fondi e finanziare progetti di ricerca dedicati alla SLA. Questo progetto appena finanziato è identificato dall’acronimo SHHield”, dove SHH è una proteina prodotta dai nostri neuroni che noi ipotizziamo possa rappresentare un nuovo bersaglio per potenziali nuove terapie. Non a caso la parola “SHHield” ricorda il termine inglese shield: scudo. Avere ricevuto questo riconoscimento rappresenta per me, oltre alla possibilità concreta di poter realizzare questo progetto di ricerca, un motivo di orgoglio, e mi conferma che in Italia, e anche al Sud, possono esistere realtà positive e ricercatori entusiasti. Gli attori politici e le istituzioni dovrebbero avere una visione più ampia sul panorama della ricerca italiana per valorizzarla anziché mortificare la maggioranza dei ricercatori a vantaggio di pochi virtuosi.

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