Patrizia Longone
Sono nata ad Acqui Terme (Alessandria) e ho 59 anni. Ciò che mi stimola nel mio lavoro è di poter contribuire ad una migliore comprensione dei meccanismi patologici che sono causa e/o con-causa della SLA. Ciò che maggiormente mi ha colpito dei pazienti è la loro forza, la loro determinazione, la loro fiducia nella ricerca. Sono ammirevoli, di esempio e stimolo a proseguire il lavoro di ricerca.
Il sogno nel cassetto in realtà sono più sogni: quello di sviluppare, unitamente alla comunità di ricercatori che studia la SLA, una cura che possa realisticamente offrire speranza ai malati, e quello di vedere, in Italia, la ricerca sostenuta e aiutata. Fondazione AriSLA, grazie allo sforzo finanziario e al forte contributo dato alla comunità di ricercatori, è un punto di riferimento per la SLA, non solo in Italia.
Sinceramente diventare ricercatrice non è stato un mio sogno di bambina. Mi sono iscritta a Biologia all’Università di Genova, perché le lezioni di scienze al liceo mi erano piaciute molto, grazie ad una professoressa veramente capace. È stato il lavoro fatto per la tesi sperimentale, durante il corso di laurea, a farmi nascere e crescere l’amore per la ricerca, a stimolare la mia curiosità (per nulla mitigata in tutti questi anni).
L’esperienza americana, iniziata poco dopo la laurea e durata 8 anni, tra la Georgetown University, la New York University e la University of Illinois a Chicago, mi ha rivelato l’affascinante mondo del neurone. Tra gli incontri che mi hanno particolarmente segnata nel mio percorso formativo c’è sicuramente quello con il Prof. Erminio Costa, neurofarmacologo italiano emigrato negli Stati Uniti. Il suo esempio è stato fondamentale nel mio percorso scientifico, da lui ho appreso l’importanza di farsi continuamente domande, non temere i proprio dubbi e mettersi in discussione. È il fascino di questo lavoro che è sempre in movimento, mai uguale a sé stesso, c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare, super stimolante.
Io e la SLA ci siamo incontrate al mio rientro in Italia. Sono rientrata dagli Stati Uniti alla Fondazione Santa Lucia di Roma, un istituto scientificamente vivace, e qui ho iniziato a lavorare sulla SLA portando le mie competenze di neuroscienze per studiare le alterazioni dei recettori neuronali e i meccanismi di eccitotossicità che contribuiscono alla morte cellulare osservata nella SLA.
Grazie al progetto che AriSLA ci ha finanziato, ci proponiamo di valutare l’impatto che la modulazione di specifici fattori cellulari legati alla proteina TDP-43, la principale componente degli aggregati proteici presenti nella SLA, ha sul decorso della malattia e quindi disegnare percorsi terapeutici ad hoc.
Un mio hobby, ormai da qualche anno, è il tango argentino; mi piace studiare le lingue (ora sto studiando lo spagnolo) e cucinare, non solo cucina italiana.
Sono molto curiosa di conoscere altre culture, amo molto la storia.